La CSRD - Corporate Sustainability Reporting Directive- è una rivoluzione silenziosa entrata in vigore nel 2023. Nonostante con l’Omnibus Package del 2024 la Commissione Europea abbia poi previsto un’applicazione più graduale, rinviando alcuni standard e semplificando temporaneamente gli obblighi per le PMI quotate, rimane il fatto che la CSRD cambierà il modo in cui le aziende raccontano e dimostrano il proprio impegno su sostenibilità e impatto.
Se hai un’impresa, è il momento di capire cosa sta succedendo e come prepararti senza perdere tempo.
Non si parla solo di buone intenzioni, ma di obblighi concreti, standard europei e dati verificabili.
Adeguarsi è anche un’occasione per fare chiarezza, migliorare i processi interni e costruire una reputazione più solida e credibile.
Cos’è la Corporate Sustainability Reporting Directive e perché se ne parla tanto adesso
La CSRD è la nuova direttiva europea che impone ad un numero molto più ampio di aziende rispetto al passato di redigere un bilancio di sostenibilità completo, standardizzato e verificabile.
Non si tratta più di una comunicazione facoltativa o simbolica. Ora il report ESG (Environmental, Social, Governance) entra a far parte del bilancio d’esercizio seguendone gli stessi obblighi di approvazione e deposito, e deve rispondere a criteri precisi, gli ESRS – European Sustainability Reporting Standards.
In pratica, la CSRD rende obbligatorio ciò che fino a poco tempo fa era lasciato alla volontà delle aziende: raccontare con numeri, metriche e processi verificabili l’impatto della propria attività sul piano ambientale, sociale e della governance.
Se ne parla molto perché è un cambio epocale nella trasparenza aziendale. L’Unione Europea ha deciso di passare dalle parole ai fatti e così ogni impresa dovrà dimostrare con dati concreti il proprio impatto ambientale, sociale e di governance.
La rendicontazione diventa uno strumento di accountability reale, integrato nelle logiche di controllo di gestione e reputazione aziendale.
Un altro aspetto chiave introdotto dalla CSRD è il principio di doppia materialità: le aziende devono rendere conto non solo di come i fattori ESG influenzano il loro business, ma anche dell’impatto che le loro attività generano su ambiente, persone e società.
Un cambio di prospettiva importante, che richiede maggiore consapevolezza e tracciabilità su tutta la filiera.
L’obiettivo è favorire un’economia sostenibile, responsabilizzare le imprese e rendere le scelte di consumo, investimento e finanziamento più consapevoli.
Chi lavora nella rendicontazione, nel controllo di gestione, nella sostenibilità o nella comunicazione aziendale deve iniziare subito a studiare questa normativa.
E non solo: anche HR, ufficio acquisti, e direzione generale dovranno capire cosa cambia e con quali impatti sul business.
CSRD vs. NFRD

A quali aziende si applica la CSRD
La CSRD non riguarda solo le grandi aziende quotate in Borsa. Ecco, in pratica, a chi si applica:
- Dal 2024: imprese già soggette alla precedente Direttiva sulla Rendicontazione Non Finanziaria (NFRD), cioè aziende quotate, banche, assicurazioni con oltre 500 dipendenti.
- Dal 2025: tutte le imprese che superano almeno due su tre criteri:
- 250 dipendenti
- 40 milioni di euro di fatturato
- 20 milioni di euro di totale attivo
- Dal 2026: PMI quotate in Borsa (con possibilità di opt-out fino al 2028 introdotta dall’Omnibus Package)
- Dal 2028: aziende extra UE con filiali in Europa che generano un fatturato superiore a 150 milioni di euro.
Attenzione: anche se sei una PMI non quotata, potresti essere coinvolto indirettamente. Sempre più grandi aziende stanno chiedendo ai fornitori dati ESG per completare i propri report. Se sei in filiera, ti verrà richiesto di fornire queste informazioni. Meglio arrivare preparati.
Esempi pratici? Una software house che fornisce soluzioni a un ente pubblico sarà probabilmente coinvolta. Così come una piccola azienda manifatturiera che produce per un grande gruppo retail, o un laboratorio farmaceutico che fornisce a un'azienda quotata.
Cosa chiede in pratica la CSRD
La CSRD chiede molto di più di un documento di buone intenzioni. Vuole un report preciso e strutturato su come l’azienda affronta le tematiche ESG, ovvero:
- rischi e le opportunità ambientali, sociali e di governance legati al proprio modello di business
- politiche aziendali adottate, gli obiettivi, le strategie
- risultati raggiunti, i KPI utilizzati e come vengono monitorati
- processi di due diligence per la gestione di diritti umani e impatti ambientali lungo la catena di fornitura
- come l’azienda coinvolge gli stakeholder
E tutto questo va formulato secondo gli standard ESRS, validato da un revisore indipendente e integrato nel bilancio aziendale.
Esempio concreto: se hai dichiarato di essere “carbon neutral entro il 2030”, dovrai indicare come misuri le emissioni di CO₂, quali azioni hai intrapreso per ridurle, che risorse hai investito, e quali risultati hai ottenuto. E soprattutto, tutto dovrà essere verificabile e coerente.
Inoltre, le aziende dovranno dimostrare come tengono conto di rischi climatici e impatti ambientali lungo la catena del valore, e come intendono affrontarli nei piani futuri. Le informazioni saranno sottoposte a revisione obbligatoria e diventeranno parte integrante della reputazione aziendale.
Quando entra in vigore e cosa succede se non sei pronto
Le scadenze sono già partite e si differenziano per dimensione aziendale:
- 2025: rendicontazione 2024 per aziende già soggette alla NFRD
- 2026: rendicontazione 2025 per tutte le grandi imprese europee
- 2027: rendicontazione 2026 per PMI quotate
- 2029: rendicontazione 2028 per aziende extra UE con presenza in Europa
Cosa succede se non ti adegui?
Non essere compliant alla CSRD significa rischiare:
- Sanzioni amministrative (che variano da Paese a Paese)
- Perdita di affidabilità verso banche e finanziatori
- Esclusione da gare o partnership strategiche
- Criticità reputazionali verso clienti, dipendenti e investitori
In più, chi arriva in ritardo si troverà costretto a rincorrere con sistemi di raccolta dati disorganizzati, budget imprevisti e difficoltà a garantire coerenza tra sostenibilità dichiarata e dati effettivi.
Cosa cambia per la tua azienda anche se sei una PMI
Molti imprenditori di PMI pensano di essere fuori gioco. In realtà, il vero cambiamento è culturale e riguarda tutta la filiera. Ecco perché anche una PMI oggi deve iniziare a lavorare in ottica CSRD:
- Se lavori con grandi aziende, ti verranno richiesti dati ESG (emissioni, energia, consumi idrici, dipendenti, ecc …)
- Se cerchi finanziamenti o bandi pubblici, la sostenibilità diventa sempre più un requisito
- Se vuoi attirare talenti, partner o investitori, dovrai mostrare trasparenza e responsabilità
Facciamo un esempio: se sei una PMI che produce imballaggi per l’industria alimentare, i tuoi clienti potrebbero chiederti informazioni su emissioni di CO₂, riciclabilità dei materiali, condizioni contrattuali dei dipendenti. Potrebbero non chiederti un report CSRD completo, ma dovrai comunque raccogliere e condividere dati in modo tracciabile e credibile, spesso tramite compilazione di questionari e schede dati customizzate, difficilmente standardizzabili (da qui il valore di condividere la piattaforma attraverso una piattaforma digitale, se usano tutte gli stessi tool ... )
Come prepararsi alla CSRD: consigli pratici
Adeguarsi alla CSRD richiede tempo, ma si può partire subito con alcuni passi concreti. Ecco cosa fare:
- Fai un check interno: hai già un bilancio di sostenibilità? Hai mai monitorato emissioni, welfare, governance? Parti da qui.
- Coinvolgi le persone giuste: non è un tema solo da ufficio tecnico. Serve il contributo di finanza, HR, produzione, procurement, marketing.
- Mappa i temi materiali: quali sono gli aspetti ESG più rilevanti per il tuo settore? Quali impatti hai su persone e pianeta? E quali temi ESG hanno un impatto sul business? A cosa tengono di più i tuoi portatori di interesse?
- Inizia a raccogliere dati: crea un sistema semplice per tracciare e aggiornare i principali indicatori (es. consumi energetici, parità di genere, infortuni…).
- Scegli se gestire tutto in house o con un consulente: l’importante è avere una roadmap e partire per tempo.
Checklist pratica: da dove partire subito
- Individua chi, internamente, può occuparsi della rendicontazione (anche part-time)
- Fai l’analisi di materialità: identifica i tuoi portatori di interesse principali, interni ed esterni, per identificare i temi ESG rilevanti per l’azienda secondo la doppia prospettiva della double materiality
- Sulla base dei temi emersi come materiali,
- Hai un primo inventario delle informazioni ESG disponibili: consumi, risorse umane, governance, fornitori…
- Confronta i dati che già hai con i requisiti minimi degli ESRS
- Identifica i “buchi” informativi e valuta come colmarli (nuovi processi, software, strumenti di tracciamento)
- Fissa una roadmap per la raccolta dei dati mancanti
- Compila i dati all’interno di un report efficace, che racconti non solo i dati, ma anche la tua storia
Cosa c’è oltre la CSRD? Uno sguardo al futuro
La CSRD non è l’unica normativa in arrivo: si affiancherà alla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), che obbligherà le aziende a monitorare attivamente i diritti umani e gli impatti ambientali lungo tutta la catena del valore.
In parallelo, l’adozione di tool digitali per la raccolta e la gestione dei dati ESG (come Uyolo) diventa fondamentale: rendono il lavoro più veloce, strutturato e facilmente integrabile nei flussi aziendali.
Domande frequenti
È possibile usare tool digitali per facilitare la rendicontazione CSRD?
Sì, ed è fortemente consigliato. La mole di dati richiesti dalla CSRD è ampia e complessa, e strumenti digitali pensati per la rendicontazione ESG possono aiutare moltissimo a raccogliere, organizzare e aggiornare le informazioni in modo strutturato e conforme agli ESRS.
Esistono piattaforme come Uyolo, progettate proprio per semplificare l'intero processo: dalla raccolta dei dati alla creazione del report, fino al monitoraggio continuo delle performance ESG. Utilizzare questi strumenti non è obbligatorio, ma può fare la differenza in termini di efficienza, coerenza e preparazione alla revisione.
Serve una figura interna per gestire la CSRD o basta un consulente esterno?
Non esiste un obbligo formale di nominare una figura interna dedicata, ma nella pratica è altamente consigliato avere almeno un referente aziendale che coordini tutto il processo, anche se ti affidi a un consulente esterno.
La CSRD è un progetto trasversale che coinvolge più funzioni aziendali: amministrazione, finanza, risorse umane, produzione, marketing, governance. Un consulente può aiutarti a impostare la strategia, mappare i rischi e supportarti con gli standard, ma serve qualcuno dentro l’azienda che raccolga dati, tenga i fili, faccia sintesi e faciliti il flusso delle informazioni.
Inizia ora un passo alla volta, la CSRD è una vera opportunità
La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) fa parte del più ampio progetto del Green Deal europeo ed è stata proposta dalla Commissione Europea, poi approvata dal Parlamento Europeo e dagli Stati Membri.
Con questo nuovo quadro normativo, si supera definitivamente la precedente Non Financial Reporting Directive, aprendo la strada a una rendicontazione di sostenibilità più strutturata, trasparente e obbligatoria.
L’applicazione della CSRD riguarda un numero sempre più ampio di soggetti, tra cui le piccole e medie imprese (PMI), le società quotate e non, gli enti di interesse pubblico, gli istituti di credito e perfino le imprese di Paesi terzi con attività significative nel territorio dell’Unione Europea.
Dal punto di vista operativo, i nuovi obblighi di rendicontazione prevedono l’inserimento delle informazioni sulla sostenibilità all’interno della relazione sulla gestione, con dati coerenti rispetto allo stato patrimoniale, alla performance aziendale e alla qualità dei processi ESG lungo tutta la catena del valore. Il tutto dovrà avvenire secondo standard comuni – gli ESRS – e nel rispetto del Regolamento UE che ne disciplina l’ambito.
Le tempistiche variano in base alla dimensione e al tipo di impresa, ma l’obbligo sta diventando realtà per sempre più aziende italiane. Ogni azienda dovrà fornire riferimento chiaro a tutte le questioni rilevanti, garantendo coerenza, trasparenza e comparabilità dei dati.
La CSRD non è solo una norma: è un’opzione concreta per migliorare la propria strategia aziendale
Grazie alla CSRD puoi rafforzare la fiducia con gli stakeholder e distinguerti in un campo competitivo sempre più attento all’impatto ambientale, soprattutto il cambiamento climatico e la riduzione dei gas serra, ma anche agli impatti sociali e alla buona governance.
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