Il recente caso che ha coinvolto Loro Piana ha riportato sotto i riflettori il tema della sostenibilità e il controllo delle filiere nella moda di lusso. Condizioni di lavoro non sostenibili hanno messo in discussione l’immagine di un marchio da sempre considerato simbolo di eccellenza.
Non si tratta di un episodio isolato, ma di un segnale forte che mostra quanto la due diligence nel settore moda debba diventare più concreta, integrata e trasparente.
In questo articolo analizziamo cos'è emerso, perché i sistemi di controllo tradizionali non sempre funzionano e quali soluzioni possono aiutare le aziende a rafforzare le proprie filiere, tutelando reputazione e competitività.
Cosa sta succedendo davvero nella moda di lusso
Dietro il fascino delle passerelle e dei materiali pregiati, il settore moda vive sfide complesse. Negli ultimi mesi diverse inchieste hanno fatto emergere criticità in laboratori collegati a forniture di brand di alto profilo.
Il caso Loro Piana è diventato simbolico proprio perché ha coinvolto un marchio noto per la cura dei dettagli e per l’attenzione alla qualità. Un segnale che dimostra che anche aziende con una reputazione consolidata sono esposte se i processi di monitoraggio non sono integrati in modo continuativo.
Il caso Loro Piana: cos'è emerso e perché fa rumore
Secondo l’inchiesta della Procura di Milano, capi di cashmere venduti a prezzi premium venivano confezionati in laboratori irregolari, in condizioni di lavoro non conformi agli standard richiesti dal settore e dalla normativa. I controlli sulla filiera si sono rivelati fragili e frammentati.
Che a finire coinvolto sia stato proprio Loro Piana, da sempre associato all’eccellenza manifatturiera, ha colpito profondamente l’opinione pubblica. Il messaggio è chiaro: nemmeno i marchi più attenti sono al riparo se i meccanismi di controllo non vengono ripensati a fondo.
Due diligence nella moda: cosa dovrebbe essere e cosa spesso non è
La due diligence nasce per garantire che tutta la catena di fornitura rispetti criteri ambientali, sociali e di governance. Nella pratica però, spesso resta un processo formale con policy da firmare, audit programmati, questionari da compilare.
Per funzionare davvero invece, deve diventare un impegno continuo, che si traduce in:
- visibilità reale che arrivi fino a subfornitori e terzisti,
- controlli proattivi, capaci di prevenire i rischi,
- integrazione tra le funzioni aziendali, con procurement, legale e sostenibilità che lavorano insieme.
I problemi ricorrenti delle filiere
Alcune criticità tornano con frequenza nel settore moda:
- Outsourcing complesso: subappalti multipli rendono difficile monitorare ogni livello della filiera.
- Due diligence formale, non sostanziale: policy e audit spot non bastano senza un monitoraggio continuo.
- Squilibrio tra brand e fornitori: si chiedono standard elevati, ma spesso mancano supporto e risorse per raggiungerli.
- Silos organizzativi: processi ESG, acquisti e legale non sempre dialogano in modo integrato.
Chi lavora nella moda sa bene che queste situazioni non sono eccezioni ma parte del quotidiano: pressioni sui tempi, margini sempre più ridotti, fornitori che cambiano da una stagione all’altra.
È qui che la due diligence rischia di trasformarsi in un documento su carta, mentre nella realtà servono strumenti, competenze e processi capaci di accompagnare davvero il business e di sostenere chi lavora nella filiera.
Come si stanno muovendo i grandi gruppi
Alcuni gruppi della moda hanno già iniziato a rafforzare la due diligence integrandola nelle strategie ESG. Tra le pratiche più diffuse troviamo:
- piattaforme digitali per mappare la supply chain in tempo reale,
- sistemi di valutazione del rischio con alert automatici,
- team trasversali che uniscono legale, acquisti e sostenibilità.
Diversi marchi italiani hanno cominciato a lavorare con fornitori selezionati in ottica di partnership di lungo periodo, premiando chi garantisce trasparenza e sicurezza.
Altri brand europei hanno introdotto programmi di formazione per i terzisti, sostenendoli nel raggiungere gli standard richiesti.
Sono segnali che mostrano come il cambiamento sia già in corso, magari graduale, ma concreto e sempre più condiviso.
Filiere complesse: come affrontare le zone d'ombra
In contesti caratterizzati da subappalti frequenti, produzioni stagionali o aree geografiche a rischio, ottenere trasparenza totale è difficile. Ma questo non significa arrendersi.
Le aziende più avanzate procedono per passi. Iniziano con una mappatura realistica, consolidano relazioni con i fornitori chiave e introducono strumenti digitali per monitorare dati e indicatori ESG.
È ciò che vediamo accadere in diverse realtà italiane che lavorano con laboratori artigianali o produzioni stagionali: l’obiettivo non è controllare tutto e subito, ma partire dai partner strategici, costruendo rapporti di fiducia e tracciabilità condivisa.
Allo stesso modo, alcuni gruppi europei hanno adottato piattaforme collaborative che permettono ai fornitori di caricare dati e certificazioni in tempo reale, creando un ecosistema più trasparente e resiliente.
In altre parole, la perfezione non è l’obiettivo. Ogni passo in più verso la trasparenza è un tassello che rafforza il brand e protegge la filiera nel lungo periodo.
CSDDD: un’occasione per riscrivere le regole
La nuova Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) europea impone alle imprese di rafforzare i controlli ambientali e sociali lungo tutta la catena del valore.
Si tratta di un’opportunità per rendere la due diligence parte integrante del business model, non un mero adempimento formale.
Per i brand del lusso, questo passaggio non è solo un obbligo normativo ma una chance per dimostrare leadership, rafforzare la posizione sul mercato internazionale e costruire fiducia duratura con clienti e stakeholder.
Cultura aziendale e mindset: il vero cambio di passo
La due diligence non è solo un processo tecnico e richiede un cambio di mentalità. Dalla dirigenza ai buyer, dai team legali alle operation, ogni funzione deve riconoscere che sostenibilità e diritti umani non sono vincoli, ma parte integrante della strategia.
Un approccio condiviso non solo riduce i rischi, ma aiuta a innovare i modelli di business e a rafforzare la reputazione. È così che la due diligence diventa strumento di competitività nel lungo periodo.
Conclusioni
Il caso Loro Piana ha reso evidente che le sfide della due diligence riguardano l’intero sistema moda.
Con la nuova normativa europea e con strumenti digitali più avanzati, le aziende hanno oggi la possibilità di trasformare la gestione della supply chain in un vantaggio competitivo.
Ogni azienda, piccola o grande, può iniziare da un primo passo concreto e trasformare la due diligence da obbligo formale a leva di valore condiviso.
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